Tirare le somme

Tirare le somme

Ho sentito spesso dire che dopo la quarantena saremmo diventati persone migliori, che la quarantena ci avrebbe unito ancora di più e ci avrebbe aiutato a capire cos’è davvero importante nella vita. Molti ottimisti sostenevano che dopo questo lockdown tutto sarebbe cambiato, si aspettavano persone migliori al di fuori delle mura: persone che avrebbero portato sempre la mascherina nel modo corretto. Sognavano un’Italia fatta di comunità, di patriottismo proprio come quando si cantava nel balcone l’inno di Mameli, credevano pure che avremmo superato il razzismo quello silenzioso e infimo che si cela in quelli che dicono “Io non sono razzista eh…Ma”, sognavano che il mondo capovolgesse il proprio standard, le cose belle non sono di matrice economica, ma di matrice sociale, di amore e comunità, di abbracci, aperitivi e cene in famiglia, tutte cose che in questi due mesi ci sono stati sottratti.

Poi c’erano quelli pessimisti “Le persone non cambiano, le persone erano avare e ignoranti prima, ora lo sono ancora di più”, loro erano l’altra parte dell’internet. Quelli sempre pronti a sparare cattiverie su tutti, sempre pronti a puntare il dito. Loro sostenevano che dopo il lockdown niente sarebbe cambiato, sostenevano che nessuno mai avrebbe imparato a mettersi la mascherina correttamente o nessuno se la sarebbe mai messa davvero. Sostenevano che il patriottismo era morto (o forse mai nato) da troppo tempo e che non bastavano un po’ di canzoni al balcone con tanto di bandiere italiane svolazzanti a ricostruire la nostra comunità, costruire la nostra Italia, l’Italia delle persone. Erano gli stessi che continuavano a pubblicare post contro “l’Europa ladrona che non aiuta economicamente”, contro “lo Stato incapace”.

Nonostante qualsiasi previsione, le cose, secondo me, sono cambiate. In bene o in male, non lo so, so solo che sono cambiate. Ci sono persone che usano la mascherina perfettamente e non la tolgono mai anche se sentono il respiro mancare perché, diciamocelo, non è facile portarle. Ci sono persone che la mettono sotto il naso (spoiler, se non copri il naso è come non avercela, come comprare un cancello di casa per non far entrare i ladri, ma lasciarlo sempre spalancato. Molte cose però non sono cambiate, alcuni dogmi sociali neanche il corona virus riuscirà a cambiarli, purtroppo.

Nel mio caso devo dire che la mascherina me la dimentico ancora a casa ogni tanto e che devo tornare di sopra a prendermela, che se vedo qualcuno senza spesso gli tiro un’occhiataccia, anche se so che dovrei far finta di niente. Non mi sento italiana, o almeno, non mi sento “più italiana” di così, non c’è mai stato sentimento patriottico in me e quel poco che era nato durante la quarantena si è volatilizzato. Qualcosa in me è cambiata. La Gio affettuosa che correva ad abbracciare tutti, ora non c’è più, sono diventata molto più fredda. È fastidioso questo muro che si è creato tra me e gli altri. Ogni volta che c’è l’occasione per uscire e incontrare qualcuno, però, non perdo tempo, non perdo le occasioni per stare con cui sto bene. Sto recuperando il tempo perso con la persona che amo di più, ora ogni volta che lo saluto per tornare a casa, lo saluto davvero bene. Ho il terrore che, non appena arrivata a casa, mi tengano ancora lontana da lui. Siamo diventati più forti e sembra che tutto questo ci abbia uniti ancora di più, come a dirci che, superando questo, ora abbiamo la capacità di superare qualsiasi cosa.

Forse la mente di tutte le persone non è cambiata per niente, forse alcuni sono peggiori di prima. Ma io sono cambiata, mi sento diversa, più forte, meno fisica con le persone, più innamorata della vita, meno sicura sul tutto, ma sicuramente mi sento di amare ancora di più la vita ed è bellissimo.

“Tutto passa, dura poco” 1/05/2020

“Tutto passa, dura poco” 1/05/2020

1/05/2020

“Tutto passa, dura poco”

Non sono parole mie, ma le sto rendendo mie. Oggi è il primo Maggio, ho vent’anni e tra 23 giorni ne farò 21, ma ho comunque vent’anni. Ripensando a tutti gli articoli che ho scritto in questa quarantena c’è solo una cosa che mi viene in mente: va bene così. Quando ero più piccola e attraversavo i momenti per me difficilissimi all’epoca, momenti dove non sapevo mai se mi sarei rialzata o meno, in quei momenti, quando avevo la forza di tirare fuori il pc e scrivere, ricordo perfettamente che, alla fine, impiantavo nero su bianco un “Ma in fondo va bene così”. Probabilmente era la mia ostinata positività che comunque cercava un modo per farsi sentire in un periodo tutto nero, sicuramente ero plagiata dalle canzoni che ascoltavo a rotazione “In fondo va bene così”, diceva e “Everything’s Alright”. E poi, il dolore, come era arrivato, andava via tutto.

“Tutto passa”, nel momento della tempesta non ci pensi, non ci fai caso a come riuscirai a tirare fuori l’ombrello e a ripararti dalla pioggia battente. Quando ci sei dentro ci riesci senza sapere come e, solo una volta fuori, ti rendi conto di come uno sforzo prima enorme sia mutato in qualcosa di possibile. Perché quando ci sei dentro neanche ricordi com’è fatto un ombrello, non ricordi la sensazione di calore del sole sul corpo, non ricordi com’è bella una notte stellata, perché, semplicemente, non la vedi da un po’. Tutto passa.

“Dura poco”, quando è iniziata la quarantena mi sembrava infinita, il tempo non passava, non riuscivo a stare al passo con i giorni e se da una parte li sentivo scivolare via, dall’altra non riuscivo a farli passare davvero. E oggi è il primo Maggio e mi sembra ieri che ho ricevuto la telefonata dal mio amico “Una nostra amica è risultata positiva, meglio che tu chiami l’ospedale e resti in quarantena”, ma non era ieri, era il 24 Febbraio. Dura poco.

A vent’anni senti il peso di avere una vita davanti, a vent’anni credi che l’amore di ora sia “per sempre”, credi che il “mai più” sia possibile, credi di avere tutte le domande che premono nella tasca e nessuna risposta nell’altra, credi che non avrai “mai” risposte, credi che sarai “per sempre” così. E quando qualcosa fa male, fa male tanto perché dai valore e senso al “sempre” e al “mai”.  Ma poi ti ritrovi ad avere vent’anni in una pandemia che ti costringe a cambiare la tua vita, per il bene tuo e di tutti gli altri, così ogni cosa che prima sembrava impossibile ora diventa necessaria.  E quel “sempre” e quel “mai” diventano vuoti, privi di significato perché è passata anche questa e il dolore che sentivi non è stato per sempre.

“Tutto passa, dura poco”

22/04/2020

22/04/2020

22/04/2020

Oggi “festeggio” sessanta giorni di Zona Rossa, chissà cosa avrei potuto fare in questi sessanta giorni di blocco. Sono stati sessanta giorni fermi, statici, quasi come se mi avessero ibernata per sessanta giorni. Cosa avrei potuto fare in sessanta giorni che non ho fatto?

Probabilmente avrei avuto una macchina, avrei fatto serate con le amiche, mi sarei trasferita, avrei capito che voglio fare nella vita, sarei tornata in aula, avrei fatto sorridere le persone che amo molto di più, le avrei abbracciate e non mi sarei sentita inutile. Sicuramente avrei fatto l’amore molto di più.

Forse, però non mi sarei mai avvicinata così tanto ad amiche che prima, sapevo che erano lì, ma erano “solo lì” e ora, ora ci sono sempre. Non avrei pensato così tanto e non avrei mai aperto questo blog seguito da 4 gatti, ma che mi dona la possibilità di far esplodere i mille e mila pensieri che mi attraversano ogni giorno.  Non avrei avuto il coraggio che ho avuto in questi sessanta giorni di non arrendermi e di tenere duro, di piangere urlando ogni notte contro il cuscino, ma poi risvegliarmi e fare qualcosa, cercare di far sorridere le persone che mi chiamavano, anche se non sempre ci sono riuscita. Prima di questi sessanta giorni, non avrei mai avuto il coraggio di poter credere che, un giorno, per sessanta giorni, sarei rimasta a casa mia, senza poter avere la sua pelle contro la mia, i suoi occhi a guardarmi e a darmi quella forza e sicurezza che solo lui è capace di darmi; non sarei mai stata capace di prendermi per mano e dirmi “Forza, puoi farlo”, non sarei mai riuscita a farcela.

Eppure sono passati sessanta giorni e nonostante io sia a pezzi, sono viva e sto bene.

Dicono che non siamo mai in grado di capire quali davvero siano i nostri limiti se prima non cerchiamo di affrontarli e superarli. Ecco, ho capito che, nonostante sia difficile vivermi da sola e faccia davvero fatica a sopportarmi, io posso superare anche questa. Non è più un mio limite, perché l’ho superato. E mi sento come se fossi ad una gara di salto in alto e io, dopo aver saltato quell’altezza che mi sembrava impossibile, mi giro e sono fiera, perché, con le mie uniche forze, ho saltato un’altezza lunga sessanta giorni.

21/04/2020

21/04/2020

21/04/2020

Vi capita mai di sentire il sangue che pulsa nelle vene? Le mani che tremano e il cervello che continua a pensare talmente forte che fa quasi male? La voce che si fa tremolante e le lacrime che cercano di scivolare giù tra i vostri occhi, per congiungersi poi sotto al mento. Senti un pugno fortissimo alla gola che ti mozza il respiro e le parole. Io, orgogliosa come sono, pur di non mostrare una lacrima urlo, perché così sembro dura.

E ora che, come ormai da settimane, mi scatta una molla dentro che non mi lascia via d’uscita che non di esplodere, ora che il cuore è ancora a pieno ritmo veloce, ora che le mani continuano a tremare e faccio fatica a scrivere, ora che il cervello continua ad urlarmi in testa cose davvero terribili, ora che ho gli occhi appannati da lacrime ormai troppo familiari, ora che sono qui ma vorrei essere lì, ora, sento che si è rotto qualcosa.

Perché ho un macigno nello stomaco da ormai troppo tempo, perché seppure durate il giorno sia quasi tranquilla, la notte si fa sentire ogni giorno di più e brucia, il respiro mi manca, sempre di più. Ho sempre preferito le illusioni alle verità perché fanno meno male. Fin da piccola tutti mi riempivano sempre di illusioni, non con cattiveria, ma sono sempre stata circondata da “bugie a fin di bene” o da “Vedrai che andrà meglio”. Mi faceva bene, perché ogni persona che mi conosce poi in un modo o nell’altro cerca di proteggermi, proteggermi dai miei demoni, proteggermi dai mostri fuori che non sarei capace di combattere, proteggermi dalle cose brutte che la Gio ingenua e fragile non avrebbe la forza di affrontare. Mi rendo conto ogni giorno di più di quanto io sia sempre stata protetta, ero la piccola che andava difesa in ogni caso, perché ero e sono sempre quella fragile e una bugia fa meno male della verità. Tutti mi hanno sempre dato false speranze per farmi vivere un po’ di più nel mondo migliore.

Tutti tranne te.  E ogni tanto ti odio per questo. E non so se lo fai perché credi che io abbia la forza di vedere la verità nuda e cruda o perché non hai tu la forza per amare ogni mia illusione e conservala insieme a me.

20/04/2020

20/04/2020

20/04/2020

Ho sempre avuto una fissa per i dettagli: quel cappuccio sistemato bene, quella sopracciglia insieme alle altre, quel capello nei vestiti che andava tolto subito. Ho sempre avuto una fissa per i dettagli, come quel sorriso in più in mezzo agli altri, l’abbraccio sincero, quel “po” con l’apostrofo, quell’attenzione in più.

Ho sempre avuto una passione per i dettagli, questo mi ha resa molto difficile da gestire, che se parli con me devi sempre dosare le parole o potrei aggredirti come una mamma orsa che difende i cuccioli e quel cucciolo da difendere, la maggior parte delle volte, sono io stessa. Amare i dettagli mi ha portata ad essere una tra “le migliori” nel mio lavoro, perché era proprio quel dettaglio a diventare, davanti agli occhi del pubblico, uno spettacolo ancora più bello.  Certo, mi ha anche portata ad avere mal di stomaco per giorni e a non dormire di notte perché volevo sempre che tutto fosse perfetto, mi ha portata a perdere alcune cose per concentrarmi su altre, su tutti i dettagli di altro. Ma mi ha resa meticolosa nelle cose che amo, mi ha resa caparbia e pratica, veloce. Amare i dettagli mi ha resa una persona insopportabile per chi, invece, non ci fa caso.

Ci sono sempre rimasta male quando le persone non facevano caso ai miei dettagli, a quel sorriso in meno perché stavo male, ma ero troppo orgogliosa per dirlo, quel bigliettino in più scritto con tanto amore ma lasciato cadere a terra per aprire il regalo grande. Non ho mai capito le persone che, in uno spettacolo, non riescono a capire l’importanza di ogni minimo dettaglio, che se la musica fosse partita un secondo dopo si sarebbe sentita una stonatura, che se la luce fosse stata leggermente più scura non sarebbe stato così bello, che se quell’attore non avesse fatto quel esatto secondo in più di pausa, tu non avresti riso alla battuta.

Per mia fortuna nel mio lavoro ho trovato molte persone come me, che hanno saputo accogliere e cogliere le mie folli idee e renderle reali, persone per cui ci si scontrava la sera per ore e ore e poi, insieme, si trovava una soluzione. Ho sempre amato le persone che, come me, riescono a notare quei dettagli che cambiano tutto, ho sempre amato le persone come me (se non peggio di me) che non si fermano al quadro intero, ma guardano ogni pennellata e ne capiscono l’intento.

Ho sempre avuto la fissa per i dettagli, forse perché amare le piccole cose ti permette di apprezzare tutto, in una forma ancora più esponenziale.

18/04/2020

18/04/2020

18/04/2020

Ho sempre sognato di vivere per conto mio, avere una casa tutta mia. Me lo immaginavo limpidamente: io che entravo nel mio appartamentino, mettevo le chiavi sopra al mobile e mi sedevo sul divano, da sola, stanca di una giornata passata fuori casa o, ancora, io che giravo per casa in accappatoio in ritardo per qualche appuntamento. Tutto completamente sola. Ho sempre sognato di vivere da sola, di essere indipendente e di fare quello che volevo, di non avere nessuno pronto a dirmi quello che avrei dovuto o non dovuto fare, libera di non pranzare o di cenare con un pacchetto di popcorn, libera di lasciare il letto sfatto, libera di farmi tutti i bagni caldi di cui ho bisogno. Ero pronta ad essere sola per sempre.

Perché da sola niente può andare storto, perché da sola l’unica causa del mio stato infelice sono io. Sola, libera da ogni costrizione, sola, libera da ogni vincolo, libera dallo stare male per qualcuno, a causa di qualcuno. Non avrei mai permesso a nessuno di bruciare la mia casa, di renderla cenere, da sola e al sicuro.

Ho sempre sognato di avere una casa tutta mia, di essere indipendente e libera, di restare sola. Poi ho scoperto che non volevo una casa con dei mattoni, con una porta o un divano, ciò di cui avevo bisogno non era una casa, era sentirmi a casa. Ho sempre sognato di vivere per conto mio perché vivevo in una casa che non era casa, dove c’erano più litigi che sorrisi, dove chiudersi in camera normale e tutti volevano scappare. C’era lei, che tornava nella notte fonda, quando io avrei dovuto dormire, c’era lui, che tornava e faceva solo casino. E poi c’ero io, che non mi staccavo da quel letto, mai, e sognavo solo di vivere da sola, per non sentire la porta che sbatte, per non aver più paura di sentire altre urla, minacce e altre porte che sbattono.

Ho sempre sognato di vivere per conto mio perché ho sempre avuto paura di condividere qualcosa con qualcuno, perché una casa si può cambiare, si può ricostruire, ma quando una persona ti brucia, ti brucia per sempre e poi ti spegne.

“This is a place where I don’t feel alone
This is a place where I feel at home’Cause, I built a home
For you
For meUntil it disappeared
From me
From youAnd now, it’s time to leave and turn to dust”

The Cinematic Orchestra “To Build A Home”

17/04/2020

17/04/2020

17/04/2020

Cosa?

Cosa ti fa alzare alla mattina?

Cosa ti ricorda che sei vivo?

Cosa pensi appena sveglio?

Chi?

Chi ti fa alzare la mattina?

Chi ti ricorda che sei viva?

Chi è il tuo primo pensiero?

E se le cose più importanti non fossero delle cose ma delle persone?

Chi sarebbe quella persona nella tua vita?

C’è ancora? O è scappata via da te?

C’è qui con te? O ti è lontana?

Hai mai pensato di scappare con me? Di volare lontano?

Io sì.

Perché è la speranza di un futuro senza paura che mi fa alzare.

Perché sono le mie lacrime che scendono sempre più spesso a ricordarmi che sono viva.

Perché penso che deve, deve andare meglio.

Perché penso a te.

Perché ci sei te.

Perché sei te e la voglia di sentirti.

Perché sei te, ancora

Perché sei qui, lontano, ma qui.

Perché sei sempre tu la mia risposta.

16/04/2020

16/04/2020

16/04/2020

Oggi sono in ritardo, di solito seguo una buona routine che mi porta a scrivere prima di andare a mangiare, oggi mi sono concentrata su qualcosa che amo e di diverso dal solito, questo mi ha permesso di non pensare, di lasciare i miei pensieri fuori dalla mia testa.

Ed è strano quando poi mi ritrovo davanti al mio computer, su un foglio bianco, a scrivere di quello che non ho pensato durante il giorno. Perché oggi non ho pensato se mai finirà questo strazio, non ho pensato alla curva dei contagi se stia scendendo o meno, non ho pensato a strategie (che non userò) per vederlo, non ho pensato a quello che dovevo fare ma solo a farle, non ho pensato a niente.

“Chiudi gli occhi e non pensare, ci sono io” ma lui non c’è e io non sto pensando, perché? Forse è un meccanismo di difesa, i miei pensieri erano troppo cattivi nei miei confronti e così sto meglio, diciamo. O forse faccio finta di stare bene.

Ho sempre pensato al “l’anno prossimo farò”, sempre pensato a quel che avrei fatto senza farlo veramente e ora che non posso fare niente, quando potrò fare tutto non aspetterò più nulla, farò e basta. Non chiederò più il permesso per nulla, non mi sentirò in colpa per qualcuno e non penserò solo agli altri ma anche a me e proverò a trovare l’equilibrio tra me e me. Lo sto già facendo, sto trovando l’equilibrio tra quello che sono e quello che voglio essere, tra il mio essere sempre troppo e troppo poco, up and down. Ormai non vado più sotto il livello del mare, resto a galla e non rischio di annegare, forse perché non sono sola, forse perché ho delle armi speciali (come mi disse, un giorno, una persona speciale), forse perché ora mi conosco, sicuramente perché ora c’è lui. Però voglio tornare a volare come facevo quando stavo con lui, come quando stavo con i miei amici, voglio tornare a volare come quando non avevo dei pesi che mi spingevano nel fondo, ma solo delle ali sempre più belle.

Oggi sono in ritardo, molto ritardo, ma va bene così del resto, non sono mai stata in orario.

15/04/2020

15/04/2020

15/04/2020

Non sapevo che scrivere oggi, il mio cervello è stato piuttosto spento in queste ore, pensavo a quello che volevo fare, a quante cose ho da fare e a quante cose dovrei studiare. Ma non mi sono mai decisa ad alzarmi e fare qualcosa.

Ho appena chiuso la porta della camera, spesso quando scrivo mi rinchiudo in me stessa e non lascio far entrare nessuno, non sento il telefono che vibra, non sento papà che mi chiama per mangiare, non permetto a niente e nessuno di distrarmi…Tranne al suo messaggio che mi compare sul desktop che, alla domanda “Dammi uno spunto di riflessione per l’articolo di oggi, che oggi non ho pensato” lui risponde “Ti amo”. Solo lui riesce a distrarmi dalla mia scrittura, dal mio personaggio se sto recitando, solo lui riesce a distrarmi dai miei mondi e a portarmi via nel suo di mondo…Nel nostro, ormai.

Badate, non è uno di quelli che dice le cose tanto per dirle, non è uno di quelli che usa “ti amo” come un saluto o come un modo per uscire da una conversazione, non è uno di quelli che sbandiera ai quattro venti i suoi sentimenti, ma non è neanche uno di quelli duri e crudi che credono che l’emotività nell’uomo sia una cosa da reprimere. E penso al nostro primo bacio, è stato come una montagna russa e quel bacio era un po’ l’anticipazione di come sarebbe stato essere al suo fianco: come su una giostra. Socchiudo gli occhi e sento la sua mano sul mio viso, sento la connessione che c’è stata subito, sento le mani che mi cercano, sento le labbra su di me, sento la nostra danza, sento i mostri sul labbro, ma sento anche il sorriso. Noi, che ci siamo piaciuti subito, che prima delle menti è arrivato il corpo, che prima del cuore furono le nostre mani ad accorgersi di quanto bene stavano intrecciate. Noi che urlavamo la passione e facevamo tacere i sentimenti dalla bocca perché eravamo occupati a baciarci e perché ci siamo sempre parlati attraverso gli occhi.

Lui mi legge nel pensiero, lui mi capisce come mai nessuno prima. Lui, che mi dice “ti amo” a caso perché in quel momento lo sente e vuole dirmelo e so perfettamente che se glielo avessi detto io, in un momento in cui non sentiva la necessità di dirlo, non l’avrebbe detto. Questo mi fa capire che ai sentimenti non si comanda e che, come per me, per lui le parole sono preziose e non vanno sprecate, mai. Mi sento al sicuro tra le sue parole, anche tra le sue parole.

Non sapevo che scrivere oggi, ma poi lui mi ha detto che mi ama ed è tutto andato nel verso giusto.  

14/04/2020

14/04/2020

14/04/2020

Esattamente un mese fa, lui mi scrisse: “Finirà prima che tu immagini e andremo insieme a mangiare al Mc”. E come sempre mi ero affidata alle sue parole, mi ero affidata al suo coraggio. Mi ero stretta al peluche che mi regalò l’anno scorso e mi ero addormentata, piangendo, pensando a quanto avrei voluto passare questo casino insieme a lui.

Non sta finendo presto, ci sta mettendo un casino di tempo a finire, ci sta mettendo un casino di tempo. E ogni giorno è sempre più difficile, mi trascino fuori dal letto solo per pietà verso me stessa, ma l’unica cosa che vorrei fare è lavarmi, truccarmi, vestirmi bene e prendere l’autobus che mi porta in stazione e da lì andare da lui. Ma non posso, non posso io come non possono tutte le coppie che sono state separate a causa di questo. Cerco di distrarmi e le ore passano, mi scivolano tra le mani come gli anni quando sei bambino.

Esattamente un mese fa piangevo nel mio letto perché sentivo il respiro che mi mancava, sentivo che mi mancava l’ossigeno e l’ossitocina che si produce quando sei innamorato o quando sei con la persona che ami in quel momento era così al di sotto del normale che da un momento all’altro avrei potuto credere che lui non mi ami e che non l’abbia mai fatto e così, anche io.  Ma non l’ho fatto, forse siamo di più di un mucchio di cellule e altre cose chimiche che non conosco, forse posso vivere senza ossigeno o senza ossitocina perché esiste davvero l’amore. Forse davvero esiste l’amore.

Ogni tanto sento una sensazione strana tra lo stomaco e la gola, qualcosa che fa male, come se il mio corpo stesse lottando contro qualcosa. Come se la mia pelle si stesse dimenticando delle sue carezze ma, come un povero anziano, stesse lottando con tutte le sue forze per non tenere forte il suo ricordo. Quando sto così male penso a tutti quei film sulla guerra a quante storie d’amore sono rimaste in sospeso per mesi, anni. Penso a mia nonna che giovanissima vedeva il suo amore partire per la leva per diciotto mesi e poteva sentirlo solo tramite lettere d’amore e mi immagino mio nonno che sognava di tornare dalla sua amata e diceva a tutti i suoi compagni che una donna dagli occhi azzurri e una grinta fortissima lo aspettava a casa, lavorando. E i miei nonni sono ancora insieme, forse l’amore che hanno provato per tutti questi anni è cambiato diventando qualcos’altro, ma resta comunque amore.

E loro mi fanno credere nell’amore e io credo che sarà l’amore a salvarmi, perché sento che entrambi proviamo qualcosa di forte e che nonostante sia uno schermo a dividerci, noi ci guardiamo negli occhi e facciamo l’amore, ancora.

“Finirà prima che tu immagini e andremo insieme a mangiare al Mc”, aspetto solo quel panino.